"Il colore del Grano" di Ernil

non potrà più trafiggere
se perdi la presa,
ti taglierà.

Già, l’orgoglio
È simile a una spada.

Bleach, Volume VIII, Tite Kubo]


« Apri la finestra ».
« Così chiunque potrebbe entrare? No ».
« No, certo » disse Draco, e il suo viso si tira in un sorriso deliziato. « Sai? Mia madre amava le rose. Le teneva proprio sotto quella finestra. Entrava sempre il loro profumo. Ma tu » aggiunge, e ora le sue labbra si allungano ancora, in un sorriso che per Harry sembra non aver mai fine, « tu, non puoi capire niente del genere. Vero, Potter? »
Harry non risponde. Guarda giù dalla finestra, tenendo sempre ben stretta in mano la bacchetta. Guarda i campi desolati e il muro scuro che si innalza a confine della proprietà. Non c’è traccia di rose – solo qualche stelo scuro e secco sul muro.
Per un attimo pensa di aprire la bocca e dirglielo – sono tutte morte, Draco. Ma poi non dice nulla, stringendo più forte la bacchetta fra le dita che sembrano farsi più fredde ogni minuto che passa.
« Sono tutte morte, vero? » dice Draco.
Harry non risponde. Non risponde quasi più, ormai.
Ma dopotutto non è stato mandato lì per rispondere. È stato mandato lì per proteggere.
I suoi occhi, dietro le lenti rotonde e sporche, frugano tutta la porzione di cortile che riesce a vedere. Sa che anche gli altri stanno tenendo d’occhio la casa, ma non si sente abbastanza sicuro. Le sue dita premono ancora un po’ sull’impugnatura della bacchetta, e alza gli occhi.
Nel riflesso del vetro trova la figura di Draco, e i suoi occhi si fissano su di essa, per non perderne nemmeno un movimento. 
È alle sue spalle – seduto nella poltrona rossa davanti al fuoco. Harry ricorda di averci visto suo padre, Lucius. Quando era stato catturato dai Ghermidori.
Sembrano secoli prima.
Sono passati solo nove mesi.
Il volto di Draco è appuntito, pallido come carta nel riflesso scuro del vetro – i suoi capelli sono così chiari che sembrano dover scomparire, e Harry vede la curva del naso, quella della mascella, tutti lineamenti simmetrici e taglienti. Simmetrici e taglienti come i fiocchi che scendono dal cielo, vorticando affilati nel vento.
Harry poggia la fronte alla finestra; il freddo del vetro allunga le sue mani fino al suo cervello, e Harry si massaggia una tempia.
« Inutile che guardi, Potter. Non arriveranno certo dal giardino. Sai, non sono tutti come te. C’è perfino qualcuno che pensa come agire prima di agire. Straordinario, vero? Ma il mondo è bello perché è vario, suppongo... »
« Beh » lo interrompe Harry secco, sfregandosi le dita, « io sono qui per guardare se qualcuno arriva dal giardino. Quindi chiudi la tua stupida bocca e aspetta, Malfoy ».
Si volta, e ora le sue nocche sono strette le une nelle altre. La stanza è troppo grande perché il fuoco nel camino la riscaldi tutta – le sue mani sono sempre più fredde, e come gli piacerebbe riscaldarle contro il volto di Malfoy. 
Ma se ne pente un attimo dopo, guardando Draco, accasciato nella poltrona a fingere calma, sangue freddo e nobiltà.
Il rosso stona così tanto con i capelli di Draco, pensa Harry, mentre lo fissa, incapace di distogliere lo sguardo. Gli ricorda il rosso intenso che c’era stato sulle sue guance quando le loro mani si artigliavano. Ora non ha più davvero senso di esistere.  
« Aspettare? » dice Draco. « Aspettare, Potter? Cosa, che vengano a prendermi? Per farmi fare la loro stessa fine? »
Indica l’ampio quadro sopra il camino. Il viso di Harry segue quel dito come se non avesse scelta – forse non ce l’ ha. Riluttante e lento alza la testa. 
Il quadro è grande e vuoto; i rotoli d’oro sulla cornice sembrano sospirare sulla propria opulenza. Non c’è nessun personaggio; nessuno è riflesso nello specchio rotondo dipinto sulla parete di fondo; la sola candela accesa del candelabro ondeggia pigramente, e un piccolo cane si rotola sul tappeto, ma nient’altro si muove. 
Harry sa chi c’è lì dentro. I coniugi Malfoy escono sempre quando qualche Auror entra nella stanza. Scappano in un qualche luogo, Harry non sa dove, in cui contare in silenzio le loro monete e guardare il cupo splendore della loro casata.
« Non farai la loro fine » dice, la gola così asciutta e arida che le parole devono inerpicarsi per uscire. « Io non lo permetterò ».
« San Potter » dice Malfoy, strascicando le parole. « San Potter, martire. Croce di ferro. Ti faranno una tomba enorme, Potter, con sopra un sacco di parole enormi che nemmeno capirai ». Sogghigna. « Ma io farò in modo di averne una più grande della tua, e di farti ombra. Mi farò costruire una piramide ».
« Non verranno a prenderti » dice Harry, ignorandolo. Parla della fastosità della sua tomba almeno tre volte al giorno. « Piantala ».
« Continua a ripeterlo, Potter. Chi si ferma è perduto! »
« L’inverno è arrivato presto quest’anno » dice Harry, sempre più disperato, guardando fuori dalla finestra, certo che nessuno arriverà. Non arriveranno.
Non farà la loro fine. 
C’è qualche attimo di silenzio. Poi Draco parla, gelido:
« Sì » dice. « È arrivato presto ».
Harry tocca con la punta delle dita gli infissi delle finestre, preme i polpastrelli contro il legno. Non dice nulla.
Draco è sempre più gelido e sarcastico, ogni giorno. Sa di non avere fuga – anche se Harry non la pensa allo stesso modo.
Ma Draco non cerca altri posti in cui nascondersi. Probabilmente, un colpo di reni della sua dignità. È pur sempre l’ultimo dei Malfoy.
Ma Harry lo conosce.
Conosce il modo in cui la punta del suo piede, chiuso in uno stivale nero, preme leggermente contro il tappeto rosso. Conosce l’ansia che pervade quelle dita mentre si alzano e due di loro, così casualmente, così consapevolmente, tirano indietro i capelli scivolati davanti agli occhi.
Che vengano pure a prenderlo, pensa, feroce. La casa è circondata da Auror. Che vengano.  
« Ma in Russia viene prima » dice Draco, e ora il gelo nella sua voce sembra essersi un poco sciolto – cola nelle parole come il ghiaccio nei tombini, nelle silenziose vie di Londra, sotto i tacchi di signore vestite di cappotti.
« Sei stato in Russia? » chiede Harry, senza staccare gli occhi dal giovane lord che vede nel riflesso dei vetri. Lo vede versarsi una tazza di the. Le sue mani tremano, ora, ma se Harry si concentra, può convincersi che è solo l’effetto che fa la neve vorticante nell’aria. 
« No » dice Draco, e beve il the come se non scotti. « Mia madre aveva parenti russi » aggiunge. La ceramica della tazza sembra sporca contro la pelle candida di Draco. Il rosso delle rose decorate invece sembra sbiadito e stanco, contro il rosso intenso della bocca di Draco. 
« Oh » dice Harry, senza staccare gli occhi dal roseto morto che si allunga sul muro. Gli sembra di aver visto un movimento... o no? « Oh » ripete poi, quando le parole penetrano nel muro di concentrazione. E si volta. « Per questo... il tuo...? »
Gli occhi di Draco scintillano quasi compiaciuti. Come si fa a compiacersi di una cosa simile, si domanda Harry. Sempre così orgoglioso del suo sangue.
« Certo » dice. « Direttamente dalla famiglia reale. Sono uno dei pochi al mondo ».
Non è qualcosa di cui andare fieri, vorrebbe dire Harry, vorrebbe gridare Harry, ma Draco ha così paura... le sue dita tremano ora anche mentre mettono a posto i capelli, e Harry pensa che, se ne va fiero, ebbene, che così sia. Fa differenza? Era sua madre.
Si volta. Oltre la camicia chiara di Draco, può quasi vedere la cicatrice bianca che si inerpica sul suo petto – e, quella, sembra davvero un roseto. Conosce a memoria le sue diramazioni: sono ovunque sul suo corpo, ma è sul cuore, lì, che le cicatrici si arricciano come rose, rose barocche.
Harry ora si rende conto che avrebbe potuto morire.
« Mi dispiace » dice, tracciando con gli occhi ogni svolta sottile e complicata della cicatrice sulla pelle. Sa che Draco ne ha una identica sulla schiena. Il Sectumsempra lo ha tagliato e decorato e tagliato ancora, tutto attraverso il petto, trafitto da un lato all’altro.
Avrebbe potuto morire.
Draco lo guarda. È sempre più compiaciuto.
Harry deglutisce e osserva le sue dita posate sulla tazza di ceramica – sottili come aghi. Sa che appena oltre il polso della camicia comincia un’altra cicatrice, nascosta nelle pieghe degli anni e della pelle.  
L’Ippogrifo. Ora capisce – ora ha più senso.
Avrebbe potuto morire.
« Non era vigliaccheria, allora? » chiede, guardando, oltre la camicia, la cicatrice che si snoda come un fiume sottile e bianco su quel braccio.
Harry sa anche che quella cicatrice si unisce a quella del Sectumsempra, la cui ultima propaggine si allunga fino alla spalla.
E poi, Harry sa di altre cicatrici. Le ha sentite tutte sotto i suoi polpastrelli, simili a fili, rivoli sotterranei alla pelle di Draco – anche quelle che ora sono scomparse.
E ogni volta, avrebbe potuto morire.
Per questo chiede « Non era vigliaccheria, allora? » pensando a tutte le volte che Draco è sfuggito all’attacco fisico.
Ma non con me, pensa. Il solito sciocco.
Il pugno di Hermione – gli aveva fatto uscire sangue dal naso. Anche quello avrebbe potuto ucciderlo.
Draco sorride, ed è sempre più compiaciuto. Che cosa stupida, pensa Harry, ma è Draco.
Se non fosse compiaciuto, Harry pensa sarebbe pietoso. E quello, Harry lo sa, quello mai.
Lascia che sia compiaciuto. Che differenza fa?
« Già » dice Draco, soddisfatto. « Cominci a rivalutare la mia figura, Potter? Forse, in fondo, sono un eroe tragico proprio come te. Chiuso nel mio cupo mondo, attento a non tagliarmi nemmeno con la carta... »
« Perché giocare a Quidditch, allora » lo interrompe Harry, spezzando a metà gli sproloqui vanitosi di Draco. « Perché fare una cosa stupida? E tuo padre che ti ha anche assecondat... »
« Non parlare di mio padre » dice Draco, e di nuovo la sua voce è gelida, e i fiocchi continuano a scendere come se il mondo dovesse finire da un momento all’altro. Harry lancia un’occhiata al roseto morto. I suoi rami sembrano tendersi verso il cielo come in una preghiera. Forse era solo il vento che l’ ha mosso.
« Il Quidditch è uno sport pericoloso ».
« Avevo le mie protezioni. E anche ammazzare Maghi Oscuri lo è ».
« Io non ammazzo nessuno » dice Harry, con la gola di nuovo asciutta come se fosse piena di terra.
« Conosco un certo Lord che sarebbe infelice di contraddirti » dice Draco. Il suo sorriso è esile come i fogli di carta con cui potrebbe tagliarsi.
I fogli di carta che ora sono davanti a lui sul tavolino, per esempio.
Harry vorrebbe buttarli nel fuoco che arde con ferocia nel caminetto, ma Draco ci ha messo così tanto drammatico autocompiacimento nello scrivere il proprio testamento.
Harry ha letto anche l’epitaffio che vorrebbe. Una cosa così stupida e tronfia, tipica di Draco...
« Se l’era andata a cercare » dice, sorridendo e senza staccare gli occhi dai fogli coperti dalla sottile grafia riccioluta di Draco.
« Mai pestare i piedi a Harry Potter » sorride Draco, la sua voce è strascicata. Ma è un sorriso che è solo un’altra cicatrice – l’ombra di qualcosa che è stato prima che i suoi genitori venissero uccisi e il loro sangue sparso sulla neve, le goccioline di sangue attorno a loro come un alone di santità.
Harry era arrivato quando i loro corpi erano già stati coperti – lenzuoli bianchi sul lenzuolo bianco della neve, ma le goccioline rotonde c’erano ancora, un cerchio rosso attorno ai cadaveri. 
E poi gli occhi di Harry incrociano quelli di Draco – sono grigi come il cielo che vomita su di loro tutta quella neve dannata. La paura si riflette nelle sue iridi come lo specchio nel quadro riflette chi ci passa davanti.
« Hai sentito? » dice Draco, e all’improvviso nella sua voce c’è un tremito – un foglio che cade nel silenzio della stanza.
« Era il vento » dice Harry, e vorrebbe poterci credere. Ormai la tempesta infuria e sbatte contro le finestre facendo quasi tremare i vetri, lanciandosi addosso a loro e urlando per entrare, e i suoi pugni si abbattono sulle pareti della villa cercando di sfondarle.
Harry stringe più forte la bacchetta. Non riesce più a vedere il roseto – non riesce più a vedere nulla. Il bianco accecante li circonda e muggisce attorno a loro, e Harry respira a fondo e si volta a guardare Draco.
« Era il vento » ripete, stringendo i denti per fare d’acciaio ogni parola. « Non verranno ».
Draco alza ancora una volta la tazza di the, e il the all’interno trema, allargandosi in piccoli cerchi concentrici. Una gocciolina minuscola straborda e si infrange sui fogli del testamento.
Harry si allontana dalla finestra. Sa che non avrebbe senso. Ormai fuori non si vede più niente.
Si avvicina alla poltrona e getta un’occhiata all’unica porta che si apre sulla stanza. È alta e chiusa; la chiave è nella toppa, e nell’anello della chiave c’è un filo di raso rosso, che un tempo era avvolto in un nodo elegante, e ora è stretto alla chiave con furia.
Harry sa che Draco non ha fatto il nodo perché le sue dita tremavano. I fili sfilacciati pendono sarcastici verso il pavimento.
« Fra poco è ora di pranzo » dice, tanto per dire. Draco continua a bere, piano per non far scivolare più nessuna altra goccia.
È bellissimo nel vestito che era stato di suo padre. Harry non aveva voluto che si vestisse così – ma Draco non lo aveva ascoltato, come al solito. È davvero bellissimo. Anche gli stivali erano di suo padre, e forse sono un po’ troppo grandi, ma a Harry non importa.
« Non ho fame » dice Draco, e lo dice con tono altezzoso. Harry sorride.
« Assaggerò io i tuoi cibi prima. Per essere sicuri che non siano avvelenati. Sai ».
« So » dice Draco, ora gelido e tagliente, « ma ho detto che non ho fame ».
Harry sta camminando in cerchio e non risponde; i suoi piedi lo portano di nuovo vicino alla finestra, e passando sfiora con le dita i vetri gelidi; lascia scure strisce orizzontali, simili a onde di un mare mosso.
Si allontana e si avvicina al fuoco, che ruggisce nel caminetto come se volesse liberarsi. Harry si tasta per sicurezza il petto, e trova quello che cerca.
Ora forse ha meno paura. O forse no.
Se dovessero fare anche solo un graffio a Draco...
Draco si è chinato in avanti, sul basso tavolino davanti ai suoi piedi. Posa la tazza e raccoglie i fogli, sistemandoli accuratamente, e Harry si chiede se non voglia tagliarsi.
Solo un graffio.
« Ho imparato l’incantesimo » dice, e respira a fondo. Draco alza lo sguardo e lo guarda. Harry ricambia lo sguardo. È vero, ha imparato l’incantesimo. Nel caso si tagliasse – spera di non doverlo mai utilizzare. 
Qualcosa di tremante e violento, violento come la neve che sbatte contro le finestre, si impossessa del volto di Draco. Poi passa, ed è andato. Tornerà più tardi, forse.
« Vedi allora » dice Draco, e lo dice piano, « di non morire per primo ».
« Ci starò attento » dice Harry, e sorride ma il tono con cui lo dice è molto poco scherzoso.
Draco annuisce rapidamente, e Harry lo vede che cerca di piegare le sue labbra in una smorfia sdegnosa, ma sembra solo che stia per piangere.
L’orologio batte mezzogiorno. Harry, nel suo cerchio incessante di passi, torna alla finestra. Non si vede proprio nulla.
L’inverno è davvero una belva spietata. Quando hanno trovato i corpi di Lucius e Narcissa, su su in una qualche casetta sperduta, le loro dita erano già state prese dalla morsa della morte. Harry non ha mai voluto dire a Draco della fatica che hanno fatto per piegare i loro gomiti così che non pendessero fuori dalle barelle.
Harry sa che erano fuggiti, e crede che abbiano lasciato qui Draco perché pensavano che per lui la giustizia avrebbe avuto pietà – lo avrebbe accolto sotto la sua grande ala protettrice.
Ma così non è andata. Harry sa che ci sono troppi pochi Auror a protezione della villa, quel giorno.
Per quello sta passando il giorno di Natale lì con Draco – anche se dovrebbe essere fuori servizio. 
Sono troppo pochi, Harry lo sa. I pazienti muoiono durante i weekend, quando c’è meno personale di servizio... (1)
« Potter » dice Draco all’improvviso, e la sua voce è una lunga stalattite di ghiaccio che sta per rompersi; oh, che freddo.
« Cosa c’è? » chiede Harry, voltandosi verso di lui e alzando la bacchetta, stringendola più forte fra le dita, mentre il sangue vi affluisce all’improvviso, una sola mortale ondata di terrore rosso.
Non ha sentito nessun rumore. Cos’è quella paura nel volto di Draco? Cosa ha sentito che lui...
« L’elfo » dice Draco, e Harry può vedere le sue dita che artigliano i braccioli della poltrona, affondano nel tessuto rosso come denti bianchi e aguzzi nella carne fresca. « Non è venuto a portare il pranzo » dice Draco.
Harry si rilassa tutto – in un sol colpo; la schiena arcuata si scioglie, i nodi che stringevano le ginocchia si allentano, il polso perde la sua rigidezza, e per un momento quasi la bacchetta gli cade dalle dita molli.
Ride, poi si corregge e sorride.
« Beh, Draco » dice, « sarà stato impegnato a punirsi per non aver messo abbastanza latte nel tuo the. E infatti eccolo » aggiunge, quando si sente bussare alla porta.
Guarda Draco, in attesa che dica avanti. Draco è un pezzo di legno nella poltrona, teso fino allo spasimo, pronto a rompersi.
« Tu non capisci » dice, mentre i colpi alla porta si ripetono. « L’elfo non è mai in ritardo ».
Il sorriso di Harry si gela nel momento in cui il bussare diventa sempre più intenso, fino a essere colpi feroci, e poi pensa – non ci sono abbastanza Auror?
Diciamo che non ci sono e basta, diciamo che sono morti tutti...
La porta si spalanca.
Harry scatta e afferra Draco – sente i muscoli contratti del suo braccio, il suo terrore mentre il tavolino viene rovesciato da un primo incantesimo; i fogli del testamento volano dappertutto – sente il labirinto segreto delle sue cicatrici sul braccio e sul corpo incendiarsi come se lava fusa scorresse in quegli antichi canali scavati dalle maledizioni, e mentre i fogli sembrano riempire la stanza come impazziti (uno qualsiasi di loro potrebbe tagliare la guancia pallida e terrorizzata di Draco, i suoi occhi sono spalancati come si spalancano le nubi del cielo dopo la tempesta) Harry, stringendo come un folle quel polso sottile e freddo, si afferra il petto e il sacchetto di polvere volante si rompe fra le sue dita; la polvere vola dappertutto, sui loro capelli, sui fogli, sui raggi verdi e rossi, cristallizzandoli nell’aria; Harry afferra alla cieca un nugolo di polvere, stringendola nel pugno, e la getta nel caminetto – il fuoco si incendia di verde, con un ruggito di trionfo, e Harry butta dentro Draco. Una mano di Draco si artiglia alla sua camicia, e anche Harry è dentro, e pensa al luogo più lontano che esista mentre il fuoco finalmente si libera dal caminetto.
Prima di scomparire risucchiato da quella tempesta di fiamme e scintille, Harry ha il tempo di vedere le fiamme che si appigliano al ritratto dei genitori di Draco.

***

[Rammento come una volta in un simile limpido
   mattino d'estate noi due giacevamo,
E tu posavi il capo di traverso sui miei fianchi e ti
   volgevi a me con tenerezza,
E aperta la camicia sullo sterno, affondasti la lingua
   dentro al mio cuore nudo,
E ti stendesti fino a sentire la mia barba, e ti stendesti
   fino a trattenermi i piedi.

Foglie d’Erba, Walt Whitman]

« È un paese barbaro, ti dico ».
« Straniero in terra straniera (2) » dice Harry, e sorride. « È un bel paese. C’è il sole ».
« Perché credi che vivessimo in Inghilterra? A noi Malfoy non piace il sole. Ci rovina la pelle. Ci schiarisce i capelli. Ed è un paese barbaro un paese dove non posso andare in giro a mostrare la mia sfolgorante bellezza ».
Draco dice “a noi Malfoy” anche se Harry sa che in verità di Malfoy è rimasto solo lui. Ma non fa differenza, se va bene a Draco.  
« I tuoi capelli sono bellissimi così » dice Harry, e si versa ancora un po’ di the, osservando Draco che si siede sul letto che è nell’angolo dell’unica, larga stanza dove vivono. Dove si nascondono. « Di che ti lamenti? Attirerebbero troppo l’attenzione. Lo sai ».
« Mi piacerebbe che lo facessero. Che attirassero l’attenzione. Se lo meritano » dice Draco, e Harry lo vede mettere il broncio. « Sono stati creati per farlo. Finché sono costretto ad andare in giro così, nessuno li vedrà ».
« Saranno protetti dal sole » dice Harry, e alza la sua tazza verso Draco, un brindisi verso di lui.
Draco sfodera i denti. Harry gli sorride, sorseggiando piano.
In quel paese caldo dove la sabbia si infiltra nei vestiti, è bello stare nascosti, dietro i muri bianchi della città. Harry si è abbronzato quasi subito, e si è fatto crescere un po’ di barba. Solo un po’, però. Gli prude sulle guance, ruvida e scura.
Draco verrebbe notato troppo, e loro sono ancora sulle sue tracce, pronti a fargli un taglietto sulla guancia e vederlo sanguinare a morte. Harry non concederà che gli torcano anche solo un capello.
Per questo ora Draco si nasconde sotto strati di veli neri, e la sua figura sinuosa è così facile da confondere con quella di una donna; tutti credono che lui e Harry ben presto si sposeranno.
Draco, quando sente quelle voci, fa sempre un verso sarcastico che non oltrepassa i veli dietro cui si nasconde, ma a Harry non dispiace quell’idea.
Sì, gli piace.
Anche se Draco non accetterebbe mai di rimanere con il viso coperto tutta la vita – ha ragione, è un paese bello e strano, pieno di sabbia che sottile scivola ovunque, ma se ne andranno presto.
E l’idea, tuttavia, gli piace. Non solo per ragioni strategiche.
« Dovremmo sposarci » dice, e osserva il volto di Draco contorcersi in una smorfia che lì, nascosto da tutti, nella penombra fresca, può permettersi.
« È proprio necessario? » chiede; storce il naso e prende il the. Harry sorride e china il capo. Sa che se qualcuno vedesse Draco prendere il the, capirebbe subito che è un inglese.
Se ne andranno presto – il prima possibile. In un paese dove Draco non si scotti il viso e Harry veda sempre i suoi capelli. In un paese dove cresca il grano, e Harry possa guardarlo dalla finestra e confrontarlo coi capelli di Draco e ripetersi che non c’è paragone. Perché no?
Ma per ora devono stare lì.
« Dobbiamo. Dovremmo. La gente comincia a chiacchierare ».
« Ah! » dice Draco, e sorseggia un altro po’ di the con quell’espressione che dice che lui cammina due spanne sopra la testa della gente comune.
Harry si alza. È impacciato in quelle strane vesti che indossano in quel paese caldo ed esotico, impacciato più di come sia nelle vesti di mago, impacciato per quello che sta per fare.
Va davanti a Draco – forse dovrebbe inginocchiarsi, ma dopo non riuscirebbe più ad alzarsi, e comunque è già abbastanza in svantaggio così, rispetto a Draco.
Va davanti a Draco e lo guarda. Prende un gran respiro.
Gli occhi di Draco lo scrutano come sembra che Qualcuno scruti gli uomini dall’alto, dall’alto dei grigi cieli inglesi che sono gli occhi di Draco. Gli manca l’Inghilterra. Ma ha Draco. È come portarsi un pezzo di Inghilterra dietro.
O meglio, avrà Draco. Spera.
Prende un altro gran respiro, consapevole che sta lasciando andare troppi attimi e ogni attimo è un grammo di coraggio e follia in meno, uno di calore in più.
« Vuoi sposarmi, Draco? »
Le labbra di Draco, in quel paese, sono quasi sempre coperte da un velo, perciò Harry così raramente le vede – e quando le vede, come in questo momento, si stanno incurvando, docili e aggressive, come la schiena di una tigre che passeggia in gabbia.
Stacci attento, morde, pensa Harry. Non dare da mangiare agli animali!
« Immagino di sì » dice Draco.
Harry aspetta qualche altro attimo, ora. Ora può permetterselo. Ogni attimo che passa, è un grammo di calore in più. Quindi, perché no? Lasciarsi invadere e saccheggiare non sembra così male, se a farlo sarà quel caldo vento bruciante che sono le parole uscite dalla bocca di Draco. 
Poi si china, pensando chi si ferma è perduto.
Comincia dalle scarpe – sono ridicole, le scarpe che Draco deve indossare in quel paese, ma sono così belle addosso a lui. Harry crede che, quando se ne andranno, si porterà via anche quelle scarpe, anche se sono troppo leggere per l’Inghilterra.
Sfila le scarpe e poi apre i bottoni strani e numerosi che costellano quel vestito scuro, e ogni velo che toglie è una cicatrice che si mostra, un avrebbe potuto morire! che viene urlato nella sua mente, mentre tocca e sfiora ovunque – può sentire ferite vecchie di secoli che si sono chiuse, là dove la pelle è silenziosa sotto le sue dita, e non racconta nessuna storia. Le sue caviglie, per esempio, sono intatte – fragili come steli fra le sue dita abbronzate, ed è in imbarazzo mentre bacia un malleolo. Non aveva mai fatto niente del genere, e il suo cuore si contorce in piacere e imbarazzo, e sa che la sua barba pizzica; ma Draco glielo lascia fare; Harry può vedere le lenzuola contrarsi perché le dita di Draco le hanno strette. 
Le sue mani risalgono le gambe di Draco – un velo in meno, un altro, e un altro ancora, come una matrioska da svelare, una di quelle del paese da cui viene il morbo che contagia il sangue di Draco e lo rende così prezioso, oh, così prezioso.
« Non smettere mai di svelarti » mormora Harry, quando dalla testa bionda di Draco toglie l’ultimo velo, e il corpo di Draco è così bianco contro la penombra scura e fresca di quella stanza in quel paese caldo e silenzioso, lontano anni da luce dalla loro patria.
I muscoli di Draco sono delicati quando Harry li tocca, e le sue dita scivolano sulla pelle, che è stata tagliata, come un origami, tagliata e piegata perché fosse fatta così bella.
Harry lo stende sul letto – Draco non dice una parola. Il suo petto è pallido e intriso di cicatrici contro le lenzuola bianchissime; un infinito intricarsi di strade che conducono tutte al suo cuore.
Harry assaggia un capezzolo morbido e piccolo, mentre le sue dita scivolano lentamente su quel corpo esile; i suoi polpastrelli si contraggono appena quando attraversano una linea più dura delle altre; succhia con delicatezza, attento a non mordere, perché Draco è una statua di cristallo, una venere appena nata sotto le sue dita; nata dalla spuma del the.
« Harry » dice Draco, scivola nella paura il suo tono. Harry tocca l’ombelico con la sua lingua, tracciando nuovi sentieri sui vecchi sentieri di quel corpo – una nuova via della seta sono le sue dita, e quando infine trovano i polsi e poi le mani e poi le dita di Draco, si intrecciano come i rami di alberi vicini, che si abbeverano allo stesso fiume – Harry sa che daranno frutto.
« Non ti farò male » promette, guizzando con la lingua fino all’inguine, lambendo luoghi che sono terre da rendere fertili. « Non ti farò male. Oh, io non ti farò male » e la promessa è un ansito, ora, quando strofina la guancia contro la coscia tremante di Draco. Lo promette e lo giura e giura col sangue, mentre il suo viso scivola come un serpente sulle dune del petto di Draco, e infine raggiunge il suo collo – è coperto da un velo di sudore, minuscole goccioline che potrebbero essere rugiada, se non che non c’è mai rugiada, in quel paese caldo e esotico dove Harry sta baciando Draco.
La bocca di Draco è Inghilterra – è un luogo fresco e umido che Harry non vede da mesi, in cui vuole tornare per sempre. È casa, e nessun posto è come casa, casa, dolce casa.
« Credo di amarti » dice Harry, mentre le sue dita si sciolgono da quelle di Draco e corrono dove le loro erezioni si incontrano e si scontrano; corrono a prepararlo, come si prepara il talamo per la notte degli sposi. Harry soffoca un gemito premendo la bocca contro il collo di Draco, che è una curva morbida e calda e umida.
Lo allarga e lo sente allargarsi, sente ogni gemito e lieve ansito mentre il corpo di Draco è spuma e mare sotto di lui; mare inglese, burrascoso e freddo e dove fai il bagno solo se vuoi perderci la vita, o la salute. Si muove in onde che rompono altre onde, si ricompongono e poi muoiono e rinascono a ogni tocco che Harry dà, a ogni tendine che si svolge e si rompe e si ricompone mentre le dita di Harry scavano in profondità, come si scava per estrarre i diamanti.
« Credo di amarti » ripete nel suo orecchio, mentre le onde si infrangono e scrosciano nelle sue orecchie, ed è di nuovo a casa; ad Hogwarts; in quel paese caldo ed esotico; ovunque sia Draco, mentre dolcemente lo penetra e si fa strada dentro di lui, rompendo e spezzando e ricomponendo; e si rompono e si ricompongono i loro respiri; ora Harry ha davvero paura...
I capelli di Draco, sparsi sul lenzuolo bianco, sussultano a ogni nuova ondata.

***

[« Ci guadagno »  disse la volpe, « il colore del grano ».

Il Piccolo Principe, Antoine de Saint-Exupéry]


Harry sa che è un’usanza barbara. Ma è anche un’usanza di quel paese strano dove si intrecciano a mano i tappeti, e dove le sue mani si sono intrecciate a quelle di Draco, perciò, mentre Draco ancora dorme, scomposto e aggiustato, lui si alza e in punta di piedi cammina sulle fresche piastrelle di terracotta di quella casa; e raggiunge la finestra e la spalanca.
È solo mattina. Il sole è appena sorto, alzandosi sulla città come un occhio fiammeggiante; la torre del muezzin è alta contro il cielo come un bianco braccio di donna.
Harry si affaccia alla finestra, nudo, e guarda le vie polverose dall’alto; sono quasi vuote. Pochi uomini bardati in strani, lunghi vestiti si aggirano, ma le loro voci non raggiungono le orecchie di Harry, se non in stralci scomposti – come una canzone che il cuore di Harry sta imparando a riconoscere, piano piano. 
Harry si riscalda al sole e prende un respiro, e poi si volta e con un solo rapido movimento estrae il lenzuolo dal sotto il corpo di Draco, e facendolo roteare lo butta fuori dalla finestra, e lo guarda attorcigliarsi voluttuosamente nell’aria senza vento, e infine planare sulla terra battuta delle strade come uno degli aquiloni che i bambini fanno volare, leggero e morbido.
Che lo vedano, pensa. Che lo vedano tutti, che non c’è una goccia di sangue.


Fin.


(1) “Il dottor Z morì durante il fine settimana, quando il personale è scarso”, da “Viaggi”, Micheal Crichton. 
(2) Sono le parole di Mosè, Esodo, 13, 22. (Sono state poi riprese da innumerevoli film, telefilm e libri).